Nonostante esistano criticità nel riciclaggio di dispositivi di protezione individuale, quali la mancata possibilità di trattare DPI di scarto ospedalieri, la mancanza di una filiera territoriale unificata e specializzata nel trattamento di rifiuti da DPI  ed infine la mancanza di un metodo strutturato per la raccolta differenziata dei DPI, risulta ugualmente interessante lo studio di un ideale processo di recupero dei DPI in via teorica, non essendoci la possibilità di eseguire prove sperimentali al fine di verificarne il funzionamento per le problematiche suddette.

Partendo dal presupposto che il TNT, ampiamente utilizzato nei DPI (quali mascherine, camici, cuffie, …), è spesso realizzato in poliolefine, in particolare PP, ed in alcuni casi in PET, entrambi polimeri per i quali esiste un sistema di riciclo meccanico strutturato ed efficace, grazie alle quantità sufficienti e alla qualità del riciclato, se correttamente separato, si può quindi pensare ad un riciclo meccanico per la frazione di poliolefine costituenti i DPI. La restante parte costituita da polimeri misti (PET, PA6, EVA, PU, PC) ed eventualmente una frazione di metallo (che costituisce il nasello della maggior parte delle mascherine) è potenzialmente trattabile tramite riciclo chimico per pirogassificazione.

Mentre il riciclo chimico non necessita di pre-trattamenti del rifiuto, se non la loro raccolta, il riciclo meccanico richiede invece i seguenti processi: 

  1. Raccolta differenziata di mascherine chirurgiche ed FFP2 e di copricamici
  2. Sterilizzazione
  3. Macinazione
  4. Separazione
  5. Essiccazione
  6. Densificazione
  7. Estrusione (ed eventuale miscelazione con additivi)
  8. Rigranulazione

 Le tecnologie richieste per i processi sopra elencati esistono ma non sono unificate e non trattano rifiuti da DPI; risulta inoltre impossibile realizzare uno studio in scala di laboratorio che consideri tutti questi step poiché impianti che utilizzano le suddette tecnologie richiedono ingenti quantità di materiale (per esempio un impianto di densificazione richiede tonnellate di materiale). Estrusione, miscelazione e pellettizzazione/granulazione costituiscono invece processi che possono essere studiati in scala di laboratorio, per valutare la qualità del riciclato proveniente da un reprocessing di questo tipo. È infatti necessario uno studio della qualità del materiale riciclato poiché il processo trova ragione d’essere solo se il prodotto in uscita ha mercato (è quindi di buona qualità ed ha un basso costo). Su manufatti realizzati con fibre polimeriche (tessuti, TNT) è ancor più importante valutare la qualità del riciclato poiché questi, una volta riciclati, spesso non sono adatti a ritornare alla tecnologia di provenienza e mostrano inoltre un comportamento meccanico fragile. Una volta valutate le proprietà del materiale riciclato tal quale (tramite caratterizzazione fisico-meccanica, reologica e termica dello stesso), è possibile valutarne, in base all’applicazione a cui viene destinato, l’additivazione con compatibilizzanti, cariche inorganiche o polimero vergine, per migliorare le performance fisico-meccaniche e la lavorabilità. Per lo studio di miscela in scala di laboratorio tramite estrusione, miscelazione e pellettizzazione sarà necessario utilizzare un polimero in granuli (non TNT perché necessiterebbe della fase di densificazione) con lo stesso comportamento reologico (quindi simili caratteristiche di processo) di quello utilizzato per la realizzazione dei 2 tipi di TNT costituenti i DPI, ovvero granulo per meltblown e spunbond.

Si riporta quindi uno schema di un processo teorico di rigenerazione dei DPI, in cui si tratta per via meccanica la frazione di DPI costituita da mascherine, ricche in poliolefine (PP, PE), e per via chimica (pirogassificazione) i restanti DPI misti.


A fronte della predisposizione dei diversi step di pretrattamento dello scarto prima di estrusione e rigranulazione, risulta necessario approfondire le tecnologie esistenti per ciascuna fase.
Viene riportato di seguito un breve escursus dei processi esistenti per ciascuno step del processo di riciclo meccanico ipotizzato. Essendo le tecnologie in continua evoluzione, questo tema necessita di continui aggiornamenti, non solo per una migliore conoscenza e screening dello stato dell’arte a livello industriale, ma anche per effettuare una scelta ponderata su quale tecnologia sia, per il riciclo di DPI, la migliore in ogni fase del processo.
Processi esistenti per i pre-trattamenti nel processo di riciclo meccanico: 

  • RACCOLTA DIFFERENZIATA: per i rifiuti non ospedalieri è realizzabile predisponendo punti di raccolta, mentre i rifiuti ospedalieri non sono trattabili se non per termovalorizzazione.
  • STERILIZZAZIONE:
    • a caldo:
      • sterilizzazione a vapore (o con caldo umido o in autoclave): all’interno di un recipiente ermetico viene iniettato vapore acqueo sotto pressione. È utilizzato per dispositivi medici resistenti al calore ed è un metodo affidabile, economico e non inquinante.
      • Sterilizzazione a calore secco: si utilizza aria calda secca (180°C per 30min o 160°C per 2h in forno) a pressione atmosferica. È un metodo meno utilizzato poiché si rischia di danneggiare il materiale e poiché nel calore secco i batteri possono entrare in sporulazione.
    • con gas:
      • sterilizzazione con ossido di etilene: questo è un agente alchilante che danneggia il DNA dei microrganismi, impedendone la riproduzione. Essendo efficace a basse temperature è quindi un metodo indicato per materiali sensibili a vapore acqueo e calore.
      • Sterilizzazione con formaldeide: questo agente ad azione battericida funziona in maniera simile all’ossido di etilene, ma offre alcuni vantaggi in più, infatti non genera residui tossici e non comporta rischi di esplosione.
    • al plasma: questo metodo utilizza il perossido di idrogeno, eccitato con un campo elettromagnetico affinché si formino radicali liberi di ossigeno dall’alto potere sterilizzante. Il processo avviene a bassa temperatura ed è quindi adatto a materiali termosensibili (polimeri).
    • mediante irraggiamento:
      • con l’utilizzo di raggi ultravioletti
      • con l’utilizzo di raggi infrarossi
    • analisi biologiche applicabili
  • MACINAZIONE: questo processo può essere eseguito a secco o a umido (in presenza di acqua), con l’utilizzo di:
    • Frantumatori: frantumatore conico (pezzatura di 0.5-7cm), a cilindri, a lame, a ganasce, a martelli, single/double/three/four roll crusher
    • Molino a coltelli
    • Molino a rulli
    • Molino a cilindri
    • Molino a cilindri ad umido
    • Molino a molazza (ad umido)
    • Molino a palmenti (per materiali molto duri)
    • Molino a martelli (per materiali fibrosi)
    • Molino a palle
    • Molini micronizzatori a camera verticale o a getti contrapposti
    • Molino micronizzatore spirale
    • Macinazione sotto gas inerti per sostante infiammabili
  • SEPARAZIONE: si distinguono
    • macroseparazione (macrosorting), eseguita su bottiglie/ contenitoritramite:
      • separazione manuale,
      • ottica (con l’utilizzo di sensori),
      • spettroscopica (NIR),
      • ai raggi X,
      • identificazione assistita da laser,
      • marker system;
    • microseparazione (microsorting) per plastiche dopo riduzione di dimensioni:
      • flottazione,
      • froth-flotation,
      • dissoluzione selettiva,
      • separazione elettrostica,
  • ESSICCAZIONE: si hanno le seguenti tecnologie:
    • Asciugatura ad aria calda (deumidificatore per polimeri non igroscopici)
    • Asciugatura tramite contatto
    • Essiccatore (per polimeri non igroscopici)
    • Asciugatura ad infrarossi
    • Liofilizzazione (a bassa pressione)
    • Essiccazione a letto fluido
    • Essiccazione a microonde e a radiofrequenza.
  • DENSIFICAZIONE: processo di sinterizzazione che può essere:
    • Termico,
    • Termomeccanico,
    • elettrotermico o elettro-termomeccanico,
    • con laser SLS.
  • ESTRUSIONE (ed eventuale miscelazione con additivi): si possono utilizzare estrusori monovite o bivite, il processo garantisce una sufficiente miscelazione tra diversi componenti di un blend (compounding) e gli additivi o masterbatch da aggiungere vanno valutati in base all’applicazione a cui la miscela dev’essere destinata.
  • RIGRANULAZIONE

ICE Toolkit

strumenti a supporto delle decisioni aziendali

per la circolarità


per la transizione ecologica


per LCA


Processi di Simulazione

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